Pio Albergo Trivulzio, al Frisia di Merate 23 decessi ad aprile. Il supervisore Pregliasco: 'indagini giuste, faranno chiarezza'

Le indagini scattate nei confronti del "Pio Albergo Trivulzio" dopo l’ondata più forte dell’emergenza sanitaria, sferratasi con particolare furia sulle residenze anziani, sono ''doverose'' e ''consentiranno di fare chiarezza laddove è mancata''. A sostenerlo è il professor Fabrizio Pregliasco, il virologo ''ingaggiato'' ad aprile dalla struttura per supervisionare l’azione di contenimento e la gestione del virus all’interno delle sedi, tra le quali anche quella di Merate, l’Istituto Frisia di via Don Carlo Gnocchi, dove solo ad aprile – lo ha riferito lo stesso dr. Pregliasco nel corso di una conferenza stampa tenutasi nella mattinata – i decessi sono stati 23 su un totale di circa 200 ospiti. Un incremento sostanziale rispetto alle medie degli anni precedenti, ma – come ha sottolineato Pregliasco  - in linea con quelli delle altre strutture per anziani lombarde. Al Trivulzio, considerato globalmente, in aprile la mortalità è stata superiore rispetto al passato del 61%, ovvero da 186 decessi medi – calcolati nel primo quadrimestre – ai 300 dei primi quattro mesi di quest’anno.  Numeri che non possono che portare a ipotizzare che il virus abbia particolarmente inciso, nonostante buona parte dei casi – come ha fatto notare nel corso della conferenza stampa l’avvocato Vinicio Nardo,
legale dell'ente e del direttore Giuseppe Calicchio, attualmente l’unico indagato per epidemia colposa e omicidio colposo – siano stati trattati ''come se'' il virus fosse presente anche se fino alla metà di aprile non si sia potuto accertare. Qualcosa è andato sicuramente storto, ma la tesi del Pio Albergo Trivulzio è che ciò non sia da ricercare all’interno delle strutture.


Il professor Fabrizio Pregliasco, supervisore della Pio Albergo
Trivulzio da fine aprile


''La situazione si inquadra in un contesto ampio e triste, un elemento doloroso che porta a contare un numero di decessi elevato in Italia e in Europa tra i più fragili'' ha commentato il professor Pregliasco, il quale ha portato all’evidenza il fatto di quanto l’intero PAT (Pio Albergo Trivulzio)  fosse un luogo ampiamente ''permeabile'' prima della chiusura del 10 marzo. ''Ciò che non è stato evidenziato dall’ondata mediatica che ha colpito più di altre questa struttura, è che al suo interno non esistono solo delle RSA, ma anche luoghi di degenza riabilitativa, hospice, ambulatori e poliambulatori. Prima della chiusura erano circa mille le persone che attendevano di entrare per ricevere determinati servizi. Ormai sappiamo, tra l’altro, che il virus circolava in Francia, dove sembrerebbe essere stato individuato il paziente zero, già da dicembre''. Per questo, come illustrato con più
chiarezza poco più tardi dall’avvocato Nardo, non è possibile imputare il diffondersi del morbo nella struttura alla sola apertura in determinate circostanze di pazienti con un sospetto di covid dalle strutture ospedaliere al PAT. ''La vicenda si inserisce in un contesto straziante per tutti'' è stato il commento del legale. ''In Italia e nel mondo centinaia di migliaia se non milioni di persone sono parenti di pazienti ospiti in residenze per anziani che da due mesi non possono vedere o accarezzarli. Questo è un qualcosa di lacerante per il tessuto sociale''.



L’avvocato Vinicio Nardo, legale dell'ente e del direttore Giuseppe
Calicchio, indagato per epidemia colposa e omicidio colposo


Perciò in quest’ottica, l’attenzione mediatica che ha investito il Trivulzio ''come uno tsunami'' non avrebbe fatto altro che alimentare timore e false notizie. Sono stati solo 17, come ripetuto a più riprese anche dal dr. Pregliasco, i pazienti arrivati all’inizio di marzo dall’esterno, e in particolare dall’ospedale di Sesto San Giovanni, gestiti da subito come potenziali covid positivi anche se sulla carta solo tre di loro lo erano.
Sull’aspetto dei dispositivi di protezione individuale, che sarebbero almeno in una prima fase mancati e non garantiti a sufficienza agli operatori sanitari, di cui l’11% dell’intero ente è risultato positivo al
test sierologico ai quali sono stati sottoposti nell’ultima settimana, l’avvocato Nardo e il professor Pregliasco hanno lasciato
intendere che la struttura ha pagato l’impreparazione del sistema sanitario generale. ''E’ notoria che la penuria di DPI sia stata forte'' ha commentato l’avvocato Nardo. ''La struttura è stata letteralmente tagliata fuori da qualsiasi fornitura da parte di enti superiori''.
A.S.
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