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Scritto Lunedì 18 aprile 2011 alle 15:54

Perego: l’artista Menon a maggio in Vaticano per raccontare ''L'uomo da Dioniso a Cristo''

Paolo Menon con il card. Bertone
“Nasce a Villanova del Ghebbo (Rovigo) nel 1950. E’ graphic designer, giornalista, scultore. Fa parte degli artisti della Permanente di Milano. La sua Musa ispiratrice è attratta dal nettare di Dioniso e non ne fa mistero”
. Così comincia la bibliografia dell’illustre cittadino di Perego che il prossimo maggio esporrà a Roma presso  il Palazzo del Vicariato Maffei Marescotti, residenza di proprietà del Vaticano. Lui è Paolo Menon, artista eclettico, da vent’anni residente in paese. “Vivo al Lissolo, in mezzo al bosco, come amo dire” – ci ha raccontato – “Perego è il mio pensatoio: qui ho la possibilità di fare e pensare”. E l’ispirazione, certo non gli manca. Attratto dal culto del dio Bacco dei greci, Menon è stato invitato a Roma da Monsignor Liberio Andreatta a presentare “L’Uomo da Dioniso a Cristo”, terza exhibition della trilogia di ispirazione dionisiaca dopo “Dei Tirsi divini, rilievi di luce bronzea nel tempio onirico di Dioniso» (2006)e  «Oinòdes, le forme del bere e altre “che sanno di vino”, ispirate alla mitologia ellenica, all’eros, alla religione, alla politica» (2010).
“L’idea mi venne nel 2002, dopo aver letto un’Ansa in cui si diceva che sui monti Rodopi, tra Grecia e Bulgaria, a 2000 metri d’altitudine, alcuni archeologici hanno scoperto il tempio di Dioniso descritto da Erodoto” – ha spiegato – “La scoperta mi ha allargato il cuore: ho cominciato a immaginarmi il tempio animato dai personaggi di cui tanto avevo letto. Con senso onirico ho pensato a tutto ciò che poteva corredare quanto descritto da Nonno Di Panopoli, poeta epico del quinto secolo di lingua greca ma egiziano di nascita”.
Hanno così visto la luce più di 30 opere, tra le quali anche 10 pannelli scultorei 80x80 in cui Menon ha rappresentato le preghiere che avrebbero potuto recitare ebbri della bevanda i seguaci di Dioniso. Di forte impatto “sociale”, invece, la seconda mostra, “Oinòdes”, allestita in Franciacorta: “ho descritto le stesse cose ma con un linguaggio più vicino alla politica di oggi” – sostiene l’artista, autore, tra l’altro,  di un’imponente istallazione di denuncia contro quelle che giornalisticamente parlando vengono etichettate come le “stragi del sabato sera”. Secondo lo scultore pereghino, infatti, “i politici stanno facendo davvero poco per contrastare la morte dei giovani che muoiono come mosche dopo aver abusato di super alcolici. Di fronte a tutto ciò, siamo ancora impotenti. Con la mia opera affermo il grande desiderio di fermare tutto queste stragi. La porterò anche in Vaticano”. Nelle sale di palazzo Merescotti, troverà inoltre posto anche il calice “Getsemani” che Menon donerà ad alcuni alti prelati invitati  l’11 maggio all’inaugurazione dell’esposizione e che ha già avuto occasione di consegnare personalmente a Papa Benedetto XVI, ai cardinali Re e Tettamanzi e, nei giorni scorsi, anche al Segretario di Stato Tarcisio Bertone.
“L’uomo da Dioniso a Cristo vuole raccontare l’ingresso dal pagano al sacro di un Cristo che ha cambiato la storia del mondo attraverso un linguaggio molto semplice” – ha anticipato – “Il vino che diventa il Suo sangue, il
passaggio profano-sacro: questo il concetto base da cui ho tratto ispirazione”
. Le opere che verranno esposte a Roma sono realizzate in bronzo, biscuit di porcellana, terracotta a patina bronzea e materiali compositi in cui l’autore riprende il mito arcaico e pure attualissimo di Dioniso e della cultura edonistica del vino, soffermandosi sulla profondità spirituale della vita in relazione al vivere e morire.
Con Menon, si recheranno nella Capitale anche alcuni rappresentati dell’amministrazione comunale di Perego. Il piccolo comune della Valletta figura, infatti, tra gli enti che hanno patrocinato l’iniziativa insieme a  Regione Lombardia, Provincia di Lecco, Comune di Brescia, Comune di Valdobbiadene (Tv), Ambasciata della Repubblica di Bulgaria a Roma, Museo della Permanente di Mila­no e Museo d’Arte contemporanea Remo Bianco in Franciacorta.
“Esporre in Vaticano penso sia un’occasione che capita forse una sola volta nella vita di un artista, si tratta di un invito straordinario” ha affermato radioso Paolo Menon, ben consapevole dell’importante traguardo raggiunto. “In alto i calici”, dunque per un artista di origini venete, fuggito dalla caotica Milano per lasciarsi cullare dalla tranquilla e “ispirante” Brianza.

Nella foto di destra  l’autore dei testi teologico-pedagogici di arte sacra in catalogo, don Stefano Peretti,
il Cardinal Bertone e l’artista Paolo Menon


L’UOMO DA DIONISO A CRISTO
Personale di scultura di Paolo Menon


CONTENUTI: il prof. Gaspare Mura, docente di Ermeneutica filosofica presso la Pontificia Università Lateranense, riflettendo sul mito dionisiaco evocato dai lavori di Menon, scrive in catalogo: «... La molteplicità delle epifanie e delle trasformazioni di Dioniso è ancora oggetto di studio tra gli storici delle religioni, come pure la sua irruenta penetrazione in popoli, culture e religioni diverse. Certa è la sua capacità di simboleggiare il grande mistero della vita e della morte, in cui sono coinvolti insieme la natura, l’uomo e lo stesso dio. E’ per questa sua ricca simbologia che i «Tirsi divini» (titolo della prima mostra di Menon sulla trilogia dionisiaca) in onore di Dioniso possono essere trasfigurati in allegoria di ciò che realmente si realizzerà nel mistero cristiano, che è mistero di morte e di resurrezione, di trasformazione dell’acqua in vino e del vino in sangue eucaristico, di trasfigurazione della natura tutta nell’icona del corpo del Risorto».
Le opere sono in bronzo, biscuit di porcellana, terracotta a patina bronzea e materiali compositi in cui l’autore riprende il mito arcaico e pure attualissimo di Dioniso e della cultura edonistica del vino, soffermandosi sulla profondità spirituale della vita in relazione al vivere e morire.
La mostra allestita al Palazzo del Vicariato Maffei Marescotti, su invito di Mons. Liberio Andreatta, si snoda sostanzialmente lungo le sale del «Centro culturale Card. Ugo Poletti», sito al primo piano, in questo modo:
La Cappella dell’Immacolata ospita l’«Ekphrasis»: paliotto d’altare in grès patinato, il Calix pro sancta Missa «Getsemani», la Pisside-patena in biscuit di porcellana e oro con coperchio e i calici da Messa «Mors et vita» e «Graal n.1».
La sala dell’Abbondanza è dedicata all’arte sacra: dalla Madonna con Bambino («Mater Ecclesiae»), alla duplice Crux pectoralis, dalla rivisitazione della «Fiasca del Pellegrino» all’accorata esortazione di Giovanni Paolo II: «Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo!», al «O salutaris Hostia» in bronzo e marmo e... altro ancora.
Le due sale della Gloria e del Giglio sono dedicate al grande poeta epico Nonno di Panopoli con opere provenienti dalla mostra «Dei Tirsi divini» (allestita nel 2oo6 a Villa dei Cedri di Valdobbiadene, Treviso, e nel 2oo8 esposta a Palazzo dei Provveditori Veneti di Gradisca d’Isonzo, Gorizia). Le sculture sono inoltre ispirate alla letteratura del mito dionisiaco («Le Baccanti» di Euripide), realizzate in bronzo, terracotta e rilievi patinati).
La sala delle Virtù ospita il «Dibattito sull’abolizione dei Baccanali in Roma per decreto senatoriale, 186 a.C. - 2010 d.C.» L’opera è una narrazione scultorea in ferro e terracotta patinata che rappresenta un’assemblea di baccanti, fauni e satiri e legislatori del Senato romano; Dioniso interloquisce con la sacerdotessa delle baccanti indossando rispettivamente le cuffie senza filo. La composizione semicircolare degli elementi strutturali misura all’incirca 22 metri suddivisi in dieci segmenti. La monumentalità di quest’opera ha il compito di sorprendere e (auspicabilmente) emozionare il visitatore inducendolo a interrogarsi sulle problematiche giovanili relative al bere sregolato e all’assunzione di droghe che causano inesorabilmente morti tanto tragiche quanto assurde. Nei pressi dei due semicerchi vi sarà un piccolo bronzo: «Prudenza quando giochi con Bacco!», che suggerirà una lettura trasversale (surreale e realistica al tempo stesso) delle conseguenze dei «baccanali» di oggi sull’uomo.
La sala di Apollo, utilizzata per l’intrattenimento culturale, espone una sola opera, un Crocifisso a grandezza naturale dal titolo: «Quando le parole uccidono».

BIOGRAFIA ESSENZIALE DI PAOLO MENON
Paolo menon nasce a Villanova del Ghebbo (Rovigo) nel 1950. E’ graphic designer, giornalista e scultore. Fa parte degli artisti della Permanente di Milano. Presenta i suoi primi lavori di grafica nel 1972 alla Biennale d’Arte pubblicitaria di Roma. Espone i suoi primi oli e tempere alla Galleria La Conca di Milano nel 1976 e nel 2004 alcune «retrotele con tecnica dichiaratamente dadaista» alla Columbia University di New York dove presenta inoltre i suoi due volumi «Per vino e per segno: le più belle etichette d’autore vestono il vino italiano» per i tipi del Centro Diffusione Arte di Milano. «Ma il dadaismo di Menon», rivela il critico d’arte Martina Corgnati, «non è corrosivo come quello di Tzarà e colleghi, piuttosto è sorgente di eleganza ed elasticità». Con la personale «Dei Tirsi divini: rilievi di luce bronzea nel tempio onirico di Dioniso» di Valdobbiadene (Tv) nel 2006, Menon espone alcuni personaggi del mito enoico in bronzo o simulandolo con «patine contemporanee di realismi virtuali» su terracotta e supporti polimaterici provocando un «garbato disorientamento in chi li consideri nella loro sostanza o non si fermi al ritmo della composizione», come osservano i suoi critici.
Menon è giornalista professionista dal 1982, quindi Art director di prestigiosi settimanali e mensili degli anni Ottanta. Decine di progetti grafici portano la sua firma negli anni Novanta. Fonda e dirige periodici di nicchia (equitazione e life style) con successo. Dopo aver viaggiato l’Europa, i Paesi Arabi e importanti città degli Stati Uniti, nel 1990 si trasferisce da Milano a Perego, in alta Brianza, dove risiede e lavora.
Ha ricevuto premi e numerosi riconoscimenti artistico-letterari.
Per ulteriori informazioni: www.paolomenon.com
A.M.
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