
Marco Rusconi e l'avvocato Enrico Giarda
A più riprese - utilizzando alle volte espressioni lapidarie - nel corso della propria requisitoria ha parlato di sentenza di primo grado “viziata” se non addirittura “illogica”, ritenendola “scritta a tre mani ma in modo non coordinato” salvo poi, nell’arrivare alle conclusioni, cadere anch’ella in un’apparente quanto macroscopica contraddizione ovvero escludere l’aggravante dell’articolo 7 (cioè l’aver agito per favorire la supposta associazione mafiosa) in relazione alla posizione dell’allora sindaco di Valmadrera Marco Rusconi quando era stato lo stesso PM ad appellare il verdetto dei giudici Enrico Manzi, Salvatore Catalano e Maria Chiara Arrighi, chiedendo espressamente l’applicazione di tale ulteriore “fardello” sulle spalle del politico. Un ripensamento dell’ultimo minuto? Un mancato allineamento sulle posizioni espresse dal sostituto procuratore Bruna Albertini, titolare della pubblica accusa nel corso del primo round? Difficile dirlo. Ma tant’è. Ed è sicuramente questo l’elemento di maggior rilievo all’esito della lunga e articolata requisitoria del procuratore generale Laura Barbaini al cospetto del collegio giudicante della quinta sezione penale della Corte d’Appello di Milano nell’ambito del processo di secondo grado originato dall’inchiesta Metastasi vertente, come ormai noto, sulla presunta Locale ‘ndranghetista di Lecco guidata – stando al quadro accusatorio – da Mario Trovato e con interessi nel mondo delle “mangiasoldi”, ritenute – sempre dagli inquirenti – fonte di “denaro sporco” da reinvestire poi in attività sul territorio tramite il meccanismo delle intestazioni fittizie con le fila degli imputati ingrossate così – in un momento successivo rispetto alle prime ordinanze di custodia cautelare applicate nell’aprile 2015 – dai prestanome, trovatisi a giudizio insieme ai supposti “sodali” e, appunto, all’ex pupillo del Pd valmadrerese.

Il pratone di Parè (prima della riqualificazione appena portata a termine)
Quest’ultimo – mai tacciato di essere parte del clan – è stato trascinato in Tribunale dalla vicenda dell’aggiudicazione del Pratone di Parè. Turbativa d’asta, il reato per il quale a Lecco Rusconi è stato condannato a 2 anni (pena sospesa e non menzione). Turbativa d’asta e corruzione le fattispecie per le quali quest’oggi la dottoressa Barbaini ha chiesto una pena di 3 anni e 6 mesi, in parziale riforma rispetto alla pronuncia di primo grado che lo aveva assolto per il secondo capo d’imputazione. Provata infatti a suo avviso la dazione di denaro da parte dei “compari” della Lido di Parè srl in favore di quel giovane sindaco che tanto si sarebbe speso per aiutarli – in base alla ricostruzione della PG – a partecipare al bando per l’assegnazione dell’area verde a Lago. “Abbiamo vinto perché sapevamo cose che gli altri non sapevano” avrebbe detto Antonello Redaelli (taxista valmadrerese in società con ferraiolo sardo Saverio Lillu, ritenuto uomo di Trovato) in una intercettazione, citata quest’oggi dal sostituto procuratore. “Vorrei ricordarvi che alla fine di marzo c’è stato un incontro tra Rusconi e Ernesto Palermo (consigliere comunale dem a Palazzo Bovara ndr) con la consegna da parte del primo di un vecchio bando e annotazioni a matita sul taglio “giornaliero” che avrebbe dovuto avere la nuova proposta…” ha riassunto il magistrato aggiungendo: “è assolutamente semplicistica l’interpretazione della difesa secondo la quale non si trattava di informazioni privilegiate. Il vecchio bando si poteva scaricare da internet ma le annotazioni a matita no”. Riferendo poi come nella sentenza dei giudicanti lariani, l’assoluzione per la corruzione sia motivata – tra le altre cose – dalla revoca dell’aggiudicazione disposta dal borgomastro, la dottoressa Barbaini ha etichettato tale provvedimento come “tardivo” e dettato “dalla bufera mediatica che viene scatenata dopo l’informativa atipica della Prefettura: Rusconi è costretto, non ha scelta se non la revoca” ha affermato con convinzione, ricordando come a tale decisione il primo cittadino sia giunto dopo essersi dimostrato inattivo in almeno tre occasioni. “Non lo ha fatto il 18 maggio (l’anno è sempre il 2011 ndr) dopo l’arrivo del certificato penale di Lilliu (con una condanna penale interdittiva sulle spalle, sottaciuta al momento della partecipazione alla gara ndr), non lo ha fatto dopo l’informativa della Digos arrivata in Prefettura il 31 maggio, non lo ha fatto dopo l’acquisizione del fascicolo da parte dei Carabinieri il 18 giugno. Un comportamento sconcertante. Però – ha sottolineato - informa Palermo, quello sì. Gli dice che sono arrivati i Carabinieri e vuole delle rassicurazioni. La revoca arriva al “quarto giro” seppur Rusconi sapesse da giugno che dietro a Palermo c’era Trovato. Ogni volta ha chiesto di incontrare Palermo, per un caffè…”. Alla base dunque dell’agire del sindaco vi sarebbe “un’intesa corruttiva”, seppur gli altri imputati sul punto abbiamo dato versioni differenti, ritenute “assolutamente non credibili”.
Con qualche intervento – a gamba tesa – già durante il monologo della PG, l’avvocato Enrico Giarda, legale di Marco Rusconi (presente personalmente in Aula, accompagnato dall’ex segretario della Fondazione comunitaria lecchese Emilio Amigoni, mai mancato nemmeno alle udienze al Palazzo di Giustizia di Corso Promossi sposi) ha anticipato come, non appena gli sarà data la parola, ribatterà a tono. Di Parè, nel proseguo del procedimento, si continuerà a sentir parlare anche a Milano.
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