
Sandro Frara
Ammonta a oltre 200.000 euro la condanna irrogata nei giorni scorsi, in sede civile, al comune di Lecco, reo – a detta del giudice – di non essersi adoperato per assecondare per tempo la volontà di un paziente in letto di morte: sposare la propria compagna, un desiderio nato dalla consapevolezza di essere ormai prossimo alla fine, quando il “per sempre” si sa essere ridotto ad una manciata di giorni, forse di ore, ma allo stesso tempo si conoscono quelle regole maledette che non assicurano alcuna tutela – previdenziale e ereditaria – alla propria amata perchè non porta un anello ad un dito e l’unione – pur corroborata dal tempo – non risulta formalmente ufficializzata.
La richiesta rimasta inevasa era stata avanzata – nero su bianco, in un momento di assoluta lucidità pur in condizioni di estrema vulnerabilità per l’inarrestabile decorso di una problematica rivelatasi poi letale – nel marzo del 2014 da Sandro Frara, olgiatese di appena 54 anni. Assistente sociale prima presso il suo comune di residenza poi presso il Cps di Merate, il professionista, inchiodato ad un letto della rianimazione cardiovascolare dell’ospedale Manzoni di Lecco – all’interno dunque di quella stessa Azienda Ospedaliera di cui era dipendente – avrebbe voluto suggellare civilmente una convivenza che durava da anni, sposando dunque la sua Ginevra. Non è riuscito. Presentato il carteggio all’anagrafe del capoluogo, per competenza territoriale, nessuno dei preposti si è recato per tempo al capezzale di Frara, conosciuto e apprezzato sul territorio non solo per il proprio lavoro ma anche per essere stato membro del “Quartetto Distratto”, gruppo specializzato in musica folk-popolare. Sandro è entrato in coma prima di poter pronunciare il fatidico sì, spirando senza aver potuto veder esaudito il suo ultimo – impellente e improcrastinabile – desiderio. Da qui, la richiesta, postuma di giustizia con la causa civile intentata presso il Tribunale di Lecco dagli eredi. E una “vittoria” dal sapore comunque amaro.
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