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Scritto Lunedì 30 settembre 2013 alle 21:48

Olginate: incidente sul lavoro in Fonderia, processo per lesioni

“Ho riportato una grave frattura a tibia e perone, una stiratura al ginocchio e mi ci sono voluti 500 giorni per guarire. L’8 ottobre 2009 mi sono avvicinato al macchinario per controllare l’entità del danno causato da una anomalia. L’ impianto era stato fermato, ma dopo il mio intervento è ripartito e mi ha preso la gamba”. A raccontare in aula nella mattinata odierna il grave infortunio di cui è rimasto vittima alla Fonderia San Martino di Olginate è stato Francesco P., airunese classe 1969 che ha confermato di essere stato risarcito da parte della società e di aver avuto libero accesso alla macchina quando si è verificato l’incidente. Imputato per lesioni personali colpose (articolo 590 del codice penale) a causa dell’episodio è Federico M. (le accuse nei suoi confronti sono ancora ovviamente tutte da dimostrare), all’epoca dei fatti responsabile della sicurezza con incarico esterno, che in Tribunale ha spiegato come più volte avesse segnalato alla proprietà la necessità di interventi specifici in fatto di sicurezza. “I controlli da parte mia erano frequenti e i contatti con la proprietà costanti, il macchinario era molto grande e complesso e in alcuni punti erano presenti ripari alti 2 metri, che però spesso in caso di manutenzione non venivano più rimessi nella loro posizione. Avevo indicato inoltre di dotare la macchina di appositi interruttori per interrompere l’attività, ma non è stato fatto. Io non avevo alcun potere di spesa, l’azienda investiva per migliorare l’efficienza degli impianti e, in maniera minore, sulla sicurezza”. La Fonderia San Martino era sempre sotto controllo, anche da parte dell’Asl, per emissioni e rumori derivanti dalla lavorazione del metallo. “Da parte dell’Asl non è mai stata fatta alcuna prescrizione sulla sicurezza della macchina, io ho presentato una relazione scritta in merito nel 2001 e in seguito ho insistito più volte oralmente. Il parcheggio delle staffe, dove si è verificato l’infortunio, era accessibile”. L’ex dirigente dello stabilimento Maurizio R., per sua ammissione ora in cassa integrazione, ha confermato i frequenti contatti con l’imputato e le sue indicazioni. “Ci è stato indicato di realizzare gli interruttori per fermare l’impianto, ma abbiamo ritenuto che le barriere fossero sufficienti anche se spesso non venivano riposizionate dagli addetti alla manutenzione. Dal “pulpito”, dove si comandava la macchina, non c’ era visibilità sul punto dell’incidente e avevamo parlato di un sistema di videocamere, ma non è stato possibile realizzarlo per non ledere la privacy dei lavoratori. Dotare la macchina di interruttori di quel tipo sarebbe costato 40 – 50.000 €”. Se il pubblico ministero si è espresso per la condanna a 1 anno e 4 mesi e 300 € di sanzione, l’avvocato difensore Claudio Rea ha evidenziato come l’imputato non abbia responsabilità nei fatti accaduti, poiché non ha commesso errori o mancanze nella segnalazione. “L’unica vera responsabile, Ernestina M., ha patteggiato la sua pena e nulla si può imputare all’operaio, che ha agito per il bene della sua azienda”. Il processo si concluderà il prossimo 10 dicembre.
R.R.
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