I pazienti con scompenso cardiocircolatorio cronico oppure affetti dalla stessa malattia ma in fase terminale, da oggi avranno una possibilità di cura in più. E’ infatti stato avviato all’inizio del mese di febbraio e presentato ufficialmente questa mattina un protocollo diagnostico terapeutico assistenziale sottoscritto tra il Dipartimento Cardiovascolare dell’Azienda ospedaliera di Lecco, i Servizi di cure domiciliari del Dipartimento Interaziendale della Fragilità (DIFRA) e il Dipartimento Cure Primarie dell’Asl per, appunto, pazienti fragili con scompenso cardiocircolatorio cronico e per pazienti con scompenso cardiaco terminale in dimissione dal reparto cardiologico. In questa prima fase iniziale, il protocollo, riguarderà esclusivamente il Mandic e, al momento, ha già riscosso l’adesione di 24 medici di base operanti nel distretto meratese.
Da sinistra: Fabio Lombardi, Gedeone Baraldo, Stefano Maggiolini, Patrizia Monti, Patrizia Grigoli e Fabrizio Limonta
In pratica, quindi, ai soggetti con determinate caratteristiche, sarà offerta la possibilità, una volta dimessi dall’ospedale di essere seguiti a domicilio da un’infermiera del DIFRA. Tale operatrice, preparata appositamente per questo genere di servizio, valuterà il paziente già in reparto e si interfaccerà poi con l’utente e con il suo medico di base. Triplice dunque lo scopo di tale protocollo. Ovvero, si cercherà di prevenire una seconda ospedalizzazione del paziente intervenendo prima che possa avere una ricaduta o che le sue condizioni generali peggiorino; il paziente potrà essere sottoposto anche a casa a cure mirate (ad esempio potrà continuare terapie endovenose avviate in reparto) e potrà essere “controllato” dall’infermiere che svolgerà anche funzioni di “educatore” ricordando al soggetto con scompenso cardiocircolatorio il corretto stile di vita e approccio alla cura da seguire nonché, più semplicemente, vigilerà sulla corretta assunzione della terapia farmacologica; si potrà portare sollievo anche ai famigliari del malato che spesso si trovano soli a prendersi cura di lui oppure fanno fatica a valutare il da farsi in base a eventuali nuovi sintomi manifestati dal congiunto.
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Tale nuovo modello di cura, sarà applicato ad “alcune tipologie di pazienti” come specificato dal dottor Stefano Maggiolini primario della cardiologia del Mandic il quale ha spiegato come, in provincia di Lecco si stima vi siano circa 6.000 persone affette da scompenso cardiocircolatorio, patologia caratterizzata dall’incapacità del cuore di pompare sangue come richiesto dall’organismo, rendendo difficoltoso compiere attività che prima dell’insorgere della malattia non affaticavano il paziente. “Nel 2010 l’Azienda ospedaliera della Provincia di Lecco ha registrato 1059 ricoveri di questo tipo. Dei 435 pazienti del Mandic, circa la metà sono stati ricoverati in medicina e metà da noi in cardiologia. E’ stato stimato che, in ogni caso, circa un terzo di loro, entro 12 mesi dalla dimissione subisce un secondo ricovero”. Quest’ultima considerazione, unita ad un costante aumento di pazienti con scompenso (si pensi nel 2008 sono stati 157 i ricoverati in cardiologia e ben 243 nel 2011) ha spinto dunque alla sottoscrizione di questo nuovo protocollo in grado, tra l’altro di aiutare le famiglie e i medici di base anche in situazioni di instabilità, come spiegato dal dottor Fabio Lombardi, responsabile del servizio continuità delle cure che ha poi definito il percorso “solido ma flessibile nella sua articolazione e sostenibile dal punto di vista economico”. Particolarmente soddisfatti del nuovo progetto anche il direttore sanitario dell’Ao Patrizia Monti e il Direttore del dipartimento programmazione, acquisto e controllo dell’Asl Fabrizio Limonta, entrambi presenti alla conferenza stampa di questa mattina così come il direttore medico di presidio Gedeone Baraldo e la caposala di cardiologia Patrizia Grigoli. Quest’ultima, insieme alla dottoressa Gabriella Lecchi sarà la referente per il protocollo del reparto mentre per quanto riguarda il DIFRA, la gestione del servizio sarà affidata a Corinna Balatti (referente per le professioni sanitarie) e all’infermiera Sabrina Fumagalli. “Guardo con ottimismo a questo lavoro in team con l’Asl” ha affermato Patrizia Monti che ha poi focalizzato la propria attenzione su tre aspetti: “il problema dell’aumento dei pazienti cronici di cui una fetta è particolarmente critica e ha bisogno di una risposta differenziata e integrata”; “l’integrazione ospedale e territorio, caratteristica particolare di Merate rispetto ad altre aree del territorio”; “la possibilità di operare “in rete” a parità di tutela della salute e facendo gli interessi del paziente”. Il direttore sanitario ha poi voluto anche sottolineare come “questa ipotesi di lavoro è partita dalla cardiologia e coinvolto poi l’ambito territoriale trovando entusiasmo tra gli operatori e i medici di medicina di base”. Dal canto suo, Fabrizio Limonta, ha infine posto l’accento sui concetti di “continuità delle cure e appropriatezza”. Il primo termine significa “garantire ai malati che necessitano percorsi personali e complessi, le cure necessarie”, il secondo “portare avanti queste cure ai giusti livelli nelle diverse fasi della malattia. In ospedale quando serve, con cure domiciliari quando è possibile”. Dall’inizio del mese ad oggi, sono due i pazienti coinvolti nel progetto, i cui risultati e benefici saranno monitorati nel corso dei prossimi mesi.