Scritto Giovedì 04 agosto 2011 alle 17:39
Merate: il commercio si difenda da sé senza Implorare o pretendere l’aiuto pubblico
L’estate in città, che secondo il calendario meteorologico è entrata nel terzo e ultimo mese, è stata sin qui caratterizzata dal dibattito (si fa per dire) sulla mancanza di eventi, sulla staticità delle Istituzioni sclerotizzate da una burocrazia paralizzante, sull’impossibilità di irrorare con formidabili botte di vita – leggi rumore – le notti meratesi. I commercianti, per lo più del centro, si sono in gran parte fatti portavoce di questa situazione lamentando la decadenza degli affari come diretta conseguenza della scarsità di manifestazioni atte ad attirare persone in piazza. In effetti sbirciando un po’ di denunce dei redditi – purtroppo impubblicabili pena una multa di euro 500 – la tesi della decadenza trova ampia conferma. Oggi un operaio deve considerarsi della middle class se paragona il proprio reddito dichiarato a quello di beep oppure di omissis o ancora di …….. Ma proviamo ad andare oltre la chiacchiera da bar e a frugare dentro il fenomeno cominciando col dire che se si escludono un paio di manifestazioni estemporanee, in centro il numero delle iniziative (mercatini, quadri, carnevale, ecc.) è stato il medesimo degli anni passati. Se il parallelismo “pochi eventi, scarsi affari” è corretto dobbiamo dedurne che il modello Fiat ha fatto scuola: privatizzare gli utili e socializzare le perdite. Ossia, la collettività sostiene le manifestazioni direttamente o erogando contributi alle associazioni che organizzano gli eventi, i commercianti dell’area centrale, beninteso non tutti, ne beneficiano incrementando le vendite. Se questo beneficio si traducesse in una dichiarazione dei redditi più sostanziosa non tutto sarebbe da buttare. Ma la considerazione è un’altra: l’impresa artigiana, la media industria, la struttura produttiva del Paese, insomma tutti gli operatori che non godono di alcun sostegno pubblico devono inventarsi ogni giorno qualcosa per restare sul mercato marginando almeno il necessario a coprire tutti i costi. Perché mai il commercio al minuto non dovrebbe fare altrettanto? Esempio: l’apertura del giovedì, salvo rari casi e pur con l’attenuante del clima sfavorevole, non sembra aver dato risultati apprezzabili. Ma se prezzi e prodotti sono gli stessi del mattino precedente e del pomeriggio successivo che necessità c’è di fare acquisti alle 22? Se si provasse a inventare qualche sconto eccezionale, qualche promozione, se si rispolverasse il desueto prendi 3 e paghi 2, magari a rotazione tra i diversi settori merceologici forse qualche cliente in più salirebbe in Piazza Prinetti. E veniamo agli eventi “cassati” che hanno irritato Pro loco e dintorni. Anche qui serve l’esempio. Prendiamo il proprietario di una casa che deve ristrutturare l’immobile. Prima si fa predisporre un progetto, poi presenta la pratica in Municipio, attende il tempo necessario per il permesso a costruire, paga i relativi oneri e solo a procedura ultimata dà l’avvio ai lavori. Fuori da questo percorso c’è solo l’abusivismo. Orbene perché mai un’associazione che intende onorevolmente attirare centinaia di persone non dovrebbe percorrere la medesima strada chiedendo i necessari permessi a Asl, Vigili del fuoco ecc. in considerazione anche del fatto, che a differenza del proprietario della casa, se succedesse qualcosa la responsabilità civile e penale sarebbe del Sindaco o di chi ha apposto la firma sull’autorizzazione? Ultime due considerazioni. La prima. Merate per quanto se ne dica non è città a vocazione turistica. Castello e ville patrizie, tanto citate, sono interdette al pubblico. Il maniero si vede appena, di magioni nobili se ne scorge una sola. Gli eventi di maggior successo sono la festa del cioccolato, autunnale, e qualche visita guidata alle ville e alla Riserva lago. Chiunque abbia qualche manciata d’anni in più di 40 sa che terminata per sempre la stagione degli oratori come fucine di iniziative, resta soltanto la sfilata dei carri a carnevale a riunire l’intera città sotto la torre. Inutile farsi illusioni a meno di cadere in retorica e demagogia. La seconda. Aldo castelli recita come un mantra “la città invecchia”. E ha ragione, l’età media cresce di anno in anno rispetto al dato provinciale. E’ una città in cui il 90% delle abitazioni è di proprietà, dove le famiglie hanno conquistato negli anni col lavoro un minimo di benessere e di sicurezza. E ora chiedono solo tranquillità. Le frazioni si organizzano autonomamente con 2-3 feste l’anno di successo. Cui seguono lunghi mesi di pace. Il centro è il vero campo di battaglia. Lì la gioventù – e in qualche caso anche quarantenni ancora alla ricerca di un’identità – vuole mano libera. Una movida senza regole né orari. Quattro locali si contendono la clientela sempre meno numerosa per via della crisi che nessuno risparmia. Inevitabile alzare l’asticella della tolleranza. Chi più la alza più ottiene consenso. Ma è davvero di questo che ha bisogno Merate? Una scorsa su social network e blog, soprattutto di queste settimane, conferma l’impressione che molta parte di questa gioventù arriva da fuori, vaga in branco alla ricerca di un saloon dove lo sceriffo non entri mai. Ciò però contrasta con il mantra di Aldo Castelli. Se la città invecchia non sarà una movida d’importazione a ringiovanirla. Lavoro e quiete, successo e rispetto delle regole possono andare di pari passo. Le visite guidate, che tanto favore di pubblico hanno assicurato agli organizzatori, i concerti musicali della Rassegna, gli incontri con personaggi civili e religiosi che hanno riempito il salone delle Dame Inglesi, questi sono gli eventi di vero richiamo che non tradiscono mai e non innescano petizioni né controlli dei carabinieri. Le serate col cardinale Ruini e con monsignor Fisichella hanno affascinato centinaia di ragazze e ragazzi. C’è un altro mondo giovanile che non urla, non reclama mano libera, non pretende solo i diritti ignorando i doveri. E’ a questo mondo che le Istituzioni debbono guardare con maggior interesse. Quanto ai commercianti tutti, provino a restare sul mercato anche adesso che le vacche sono magre. In piazza Prinetti ci sono operatori che tengono il mercato, Sangiorgio ne è un esempio. Subiscono la crisi come tutti. Ma si attrezzano in proprio per farvi fronte. Non gridano fuori dal bar contro il governo ladro. Solo perché piove.
Claudio Brambilla
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