Merate, elezioni: Tamandi cavalca i vincoli alla Riserva del lago per fini elettorali

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Non ce ne vorrà Fabio Tamandi ma la motivazione addotta per escludere una candidatura con “Noi Merate” non la riteniamo credibile. Posto che qualsiasi decisione assuma è incontestabile, occorre però non addossare la responsabilità ad altri. Vuole restare fuori dalla competizione? Benissimo. Intende candidarsi con Massimo Panzeri? Assolutamente legittimo. Ma non scarichi l’esclusione della lista Perego sulle spalle di Andrea Robbiani.
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Le condizioni di san Rocco

E soprattutto non segua le orme dei cattivi maestri di cui dispone, per avvelenare i pozzi. Perché quello che sta tentando di far credere Tamandi è un ignobile falso. Nonché una volgare speculazione che non depone a favore della buona e sana educazione del soggetto.
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Ci riferiamo alla Riserva di Sartirana e più in particolare alle rigide norme che ne regolano la gestione. Tamandi sta cercando di sfruttare la parziale chiusura a fini elettorali tentando vergognosamente di attribuire a Robbiani la responsabilità della chiusura. Quando, invece, sa benissimo che Robbiani ha dovuto suo malgrado applicare le norme regionali e comunitarie. Ignorate fino ad allora per la sola e buona ragione che nessuno ci badava. Quando alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle tra cui Elena Calogero, forse grazie a contatti con funzionari regionali, hanno chiesto il rispetto della Legge di istituzione della riserva, Robbiani non ha potuto fare altro che applicarla. Il nuovo Piano di gestione con le controdeduzioni è stato votato all’unanimità, solo Pozzi e Riva erano per una maggiore forma di tutela ma in sede di approvazione finale l’assessorato regionale (di centrodestra) ha dato un ulteriore giro di vite. E i consiglieri comunali, compreso il sindaco Panzeri e l’assessore Tamandi hanno dovuto prenderne atto. A Sartirana la chiusura è stata presa male anche perché pochi conoscono il vero iter procedurale. Ma la causa non sta a Merate bensì a Milano, dove governa anche il partito di Fabio Tamandi.
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Se il prestinaio di via Verdi avesse voluto operare diversamente, avrebbe dovuto convincere la sua maggioranza, previa assunzione della presidenza della Riserva, a non rispettare le direttive regionali. E a operare in piena autonomia, assumendosene però la relativa responsabilità. Ma non l’ha fatto. E ora cerca di scaricare le colpe su Andrea Robbiani.

La legge del contrappasso, però è implacabile: anche Tamandi si è incartato sulla riqualificazione dello stagno di San Rocco: in tre anni è riuscito solo a ripulire le sponde perché quando ha tentato di mettere mano al bacino si è visto cadere addosso una diffida regionale, sempre “ispirata” dai 5 Stelle. E subito ha battuto in ritirata.
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Dimostrazione lampante e incontrovertibile che quando cerca di sfruttare la chiusura della riserva a fini elettorali mente con l’aggravante di sapere di farlo.

Un’ultima nota: Tamandi ha avuto interlocuzioni per oltre un mese con i diversi soggetti che navigano nell’area di “Noi Merate”, compresa la sua grande amica Franca Maggioni. A tutti ha spiegato che pensava di restare fuori al 40 per cento mentre il resto 60 per cento era equamente ripartito tra Panzeri e Perego. Ora le percentuali sono cambiate, 70 per cento resta a casa, 30 per cento si candida con Panzeri. Che cosa sia cambiato da allora, dato che la presenza di Robbiani gli era nota sin dal principio, non è dato sapere.
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Forse la lusinga di essere chiamato da più parti gli ha gonfiato l’ego, come la rana di Esopo. O forse attribuiamo troppa importanza a un personaggio che sta semplicemente calcolando chi ha più possibilità di assicurargli la poltroncina.

In entrambi i casi meglio perderlo che trovarlo.
Claudio Brambilla
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