Il sesso diventa violento quando non possiede la conoscenza, la consapevolezza.

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Lo scorrere distonico di quest’estate con picchi di caldo e brusche scivolate autunnali si interfaccia con comportamenti di violenza, devianza e con una guerra al nord dell’Europa con cinquecentomila morti e con sbarchi nel Mediterraneo di migranti che provengono dalle coste del Medio Oriente.

È un’estate calda e disforica che disorienta. C’è instabilità, irrequietezza del sistema nel suo complesso e ci sono poche certezze di riferimento. È tutto così vacuo e contemporaneamente così cerulo che il ragionamento si presenta come un tracciato di un encefalogramma con un focus epilettoide che produce scosse generando confusione, sfinimento e diventa faticoso, difficile cercare di rispondere a una serie di domande.

La stanchezza, lo sfinimento e il susseguirsi di questi accadimenti inducono un atteggiamento di distacco e scivolamento per sottrarsi dalla realtà (fuga dal voto) e rinchiudersi in un nucleo protettivo e affidare a qualcuno la propria responsabilità decisionale (comportamento passivo-dipendente).  Nell’affidarsi a quest’altro, con tratti autoritari e onnipotenti, la sensazione è di sentire lo sgravamento esistenziale, sociale e politico. E’ un’immaginaria possibilità di essere più ’liberi’ per accudire le faccende domestiche del lavoro, della vita affettiva e professionale. Non è di poca cosa.


Poi, quando si apre la porta o la finestra di casa le questioni rientrano. C’è l’aumento dei carburanti, quello della spesa energetica, l’inflazione, il mutuo variabile della casa che sale, c’è il costo della scuola, c’è il dentista: c’è quello che c’è. La realtà è lì che batte il piede come il ballo di san vito con un suono ripetitivo e come una tarantola sbatte tutto il corpo.

Anche le violenze di strada, di gruppo tra ragazzi fanno parte di questa realtà distonica e richiedono di essere accolte e com-prese, portate dentro, perché sono il prodotto di questo ambiente e non sono altro. Sono espressione di un contesto urbano criminosamente degradato, di una condizione socio-culturale precaria, di subculture marginali, devianti: poi c’è anche la componente del branco, della singola personalità.

Non sono altro da noi, anzi, fanno parte di un noi collettivo e non di un aggregato di singoli parcellizzati, nuclearizzati indipendenti. Se li si considera soltanto singolarità o dei comportamenti che vanno solo penalizzati, si cade nel solito gioco di stare dietro alla porta senza accorgersi che forse anche lì dentro ci potrebbe stare un violento. Non esiste un locus loci incontaminato e incontaminabile a livello sociale. La contaminazione è un dato di base che origina nel momento in cui si mette piede o testa in questo mondo. La prima contaminazione è il latte materno, è il seno dell’altro che allatta: “l’altro mi contamina e io lo contamino”.

Le porte, le barriere, le reti, i confini sono dei segni tangibili della paura che può portare comportamenti violenti e far considerare il sesso come una parte altra da sé e come un oggetto pericoloso che va agito per predominare sulla preda.

Nell’Eden il sesso compare con la sua prepotenza nel momento in cui l’albero della vita, il melo, è violato, in quel momento Adamo ed Eva si coprono le parti intime, prima invece godevano il sesso come parte del giardino della vita e della sapienza. Il sesso diventa violento quando non possiede la conoscenza, la consapevolezza.

In quest’estate così distonica c’è un’energia verberante che scuote, che mette a nudo il mammut dell’innocenza italica, della specificità della purezza, della forza e del noi siamo diversi da voi.
Dr. Enrico Magni Psicologo, giornalista
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