Basta con le bancarelle bavaresi. L’arte in tutte le sue forme torni nelle strade e sotto i porticati

Sono ormai più di trent'anni che le bancarelle bavaresi continuano a contaminare le piazze, le strade, i borghi delle città lombarde in prossimità delle Prealpi Retiche, come dicevano una volta i maestri delle elementari. Il tutto è iniziato con l'ascesa della Lega di Bossi. Le bancarelle di ogni tipo sono comparse come delle cavallette fuggite dalla Baviera per infestare le strade e santificare una immaginaria 'identità padania'.  Non c'era festa che non avesse come effetto scenico la bancarella del cioccolato, quella della birra, la scritta del cartello delle città con i logo della padania e la famosa rosa camuna. Sono passati ormai decenni, il borgomastro ha lasciato da anni la guida della città, a governare ci sono giunte di centrosinistra che continuano a perpetrare questa giostra bavarese insopportabile e stancante.

Ogni festa ordinaria è segnata solo da questi mercatini, bancarelle, da qualche giostra di paese per fare piacere ai piccoli. Lo scenario si ripete da anni in modo costante e ripetitivo. E' ora di dare un taglio a questa logica. Prima di questa bavierizzazione la scena festiva era rimarcata da manifestazioni religiose con processioni ricorrenti, con vestigia, drappi da colorare il grigio clima con i colori dei porporati. Non c'era festa pagana o religiosa in ogni rione o al centro che non avesse la sua processione con bande e cori spontanei nelle piazze, nelle strade di pomeriggio o di sera. La diminuzione costante dei fedeli e la secolarizzazione hanno modificato profondamente questi riti rinchiudendoli prevalentemente all'interno delle chiese e nei sagrati adiacenti. Al posto delle processioni sono comparse le bancarelle come segno della nuova novella pagana della festa e del libero piccolo mercato. E non è un caso che sono ricomparsi nei paesi dei vecchi riti ancestrali stagionali come quelli di fare dei falò pubblici per salutare l'inverno e l'arrivo della primavera. Non ci sono significati profondi, è solo un bisogno neo folclorico bislacco per socializzare. Al vecchio rito religioso di sacra memoria si è sostituito questo rito bavarese che persiste e che contrasta con la dimensione e la complessità di questa società che richiede alte competenze professionali, sociali ed economiche. E' come se ci fosse una cesura in verticale tra i cinque giorni produttivi della settimana con il sabato e la domenica: la questione coinvolge la complessità della domanda/offerta del tempo libero. E' così difficile immaginare delle proposte che vadano oltre questa bavierizzazione? E' ora di portare nelle piazze, nelle strade tutte le domeniche e i sabati delle semplici manifestazioni di musica all'aperto da quella classica, al jazz, a quella elettronica, rap, altro; oppure portare funamboli, artisti di strada, attori. Ci sono artisti in grado di trattenere, accogliere e far vivere le piazze, la città. Servono delle manifestazioni costanti. L'arte non può continuamente stare chiusa dentro le mura di quattro musei, va esportata all'aperto, va fatta vivere nelle strade; le poesie si possono ascoltare all'angolo di una strada, sotto un porticato; delle scene di drammaturgia possono essere sceneggiate all'aperto. Ci possono stare anche delle bancarelle. La festa è anche un fatto immateriale. Non bastano le luci del natale, ci vuole altro: giochi, simulazioni sportive. Insomma varie forme di intrattenimento. Non basta portare autori nelle piccole sale della città. Il dì di festa ha bisogno di luce, allegria.   Basta con questa ingombrante occupazione delle bancarelle. Non siamo più al tempo di Otto Eduard Leopold von Bismarck-Schönhausen, dell'oktoberfest, della principessa Sissi. L'agora è lo specchio dentro il quale si specchiano forme di accoglienza, trattenimento sociale e culturale.
dr. Enrico Magni
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