Il giorno della memoria è utile anche guardare, con occhio disincantato quello che sta accadendo nell’oggi

E' puramente una chimera trovare sulla via di Damasco conversioni di pace, rivelazioni luminose di un futuro difficile ma colorato di primavera. Nell'arco di due, tre anni si sono verificati fenomeni inaspettati come la pandemia, il cambiamento climatico, la diffusione di guerre, carestie dall'Asia, all'Africa e all'Europa. Sono milioni i morti per la pandemia del virus, sono milioni i morti per la fame, sono milioni i morti per la guerra, sono milioni gli esuli, sono milioni gli immigrati. Eppure, c'è ancora chi sostiene che dopo la catastrofe ci sarà il ciel sereno. La narrazione afferma che i cambiamenti catastrofici sono necessari e indispensabili per l'evoluzione.

Non è così. Il male e il dolore umano non producono necessariamente bene. E' una favola bella che prende origine dal pensiero del pentimento, dall'espiazione del peccato. Il frutto rubato della conoscenza non porta in sé il bene. Con tutte le catastrofi che si sono verificate l'essere umano dovrebbe essere un fiore trasparente, lindo e pulito: non lo è.

Dalla distruzione non sono mai nati dei fiori, si sono sviluppate le tecniche, le finanze, ma la psiche umana, di fronte a queste cose, non evolve. Basta un niente per far scatenare nella psiche azioni di aggressione e di violenza. Non è come dice Friedrich Wilhelm Nietzsche che tutto questo accade perché dio è morto. Se così fosse, in questa società post global, non dovrebbero esserci guerre, conflitti di religione, invece assistiamo a scontri micidiali.

Chissà quante volte si sono poste questa domanda uomini, donne, giovani, bambini davanti al camino e alla cenere che si disperdeva nell'aria nel Campo, dietro il reticolato, nella baracca abbandonata da dio e dagli uomini?

La domanda che quei credenti e non credenti si ponevano, riguardava il sentimento abbandonico, il sentimento della colpa, il sentimento del tradimento di essere stati lasciati dall'amico, dal vicino, dal compagno di banco per essere cacciati nell'inferno della disperazione e della morte. I fantasmi di questi corpi sono ancora presenti, basta mettere un piede dentro il Campo per sentirne la presenza, il silenzio, la voce, la disperazione, ma non le urla. L'abbandono si manifesta con il silenzio, con il movimento del corpo; l'urlo è opera dell'angoscia della paura. Lì c'era una vita che cercava di sopravvivere e sperava nella ragione. Ma la ragione in sé, se è lasciata sola, rischia di essere travolta dai suoi inganni, ha la necessita di trovare un corpo, una presenza, un'emozione. Non è detto che ci riesca.

Forse sono le stesse sensazioni che hanno vissuto quella moltitudine di persone che sono entrate all'interno di un ospedale anonimo e senza anima per farsi curare dal virus. Ha prevalso il sentimento di abbandono, solitudine e dolore. Isolati, curati da buone intenzioni, ma impotenti in quel momento: catastrofe.

Il giorno della memoria, della shoah, che indica lo sterminio degli Ebrei vittime del genocidio nazista, è utile anche per guardare, con occhio disincantato, quello che sta accadendo nell'oggi. Ci sono Campi con milioni di persone che vivono in condizioni al limite della sopravvivenza, che vivono tra macerie di città distrutte dalle bombe.

Come allora c'è la tendenza a evitare di raccontare il trauma del Campo, della guerra, si teme che parlandone il trauma si riaccenda si vivifichi. La società che sta bene, ma ha paura, preferisce starsene alla lontana. E' meglio non sapere che sapere.

Dr.Enrico Magni-Psicologo
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