Il sindaco del day after

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Don Isidoro Meschi
Caro direttore sono indignato, e anche un po’ sorpreso del tuo silenzio. D’accordo, tirare contro l’ambulanza è atto di ingenerosità ma quando ci vuole ci vuole. Ieri, domenica, il trentennale della morte del nostro forse più illustre concittadino, don Isidoro Meschi, è stato ricordato nel corso di una Messa, con poche parole da parte di un prevosto “parco” di contenuti e scarso di memoria. E che dire poi dell’assenza totale dell’amministrazione comunale a partire dal sindaco.

Hai notato? Sembra l’uomo del giorno dopo, spesso a eventi particolari fa seguire una lettera, come se si fosse avveduto a scoppio ritardato dell’evento medesimo.

Già nel caso dell’incendio della tua auto aveva fatto pervenire la solidarietà qualche giorno dopo, evidentemente il tempo necessario  per trovare le parole giuste.  Certo, se quelle che ha scritto sono il massimo che ha saputo attingere dal suo vocabolario ho l’impressione che si tratti di un bigino.

Ma l’ode di oggi sull’anniversario dell’assassinio del nostro don Isidoro che tu e io abbiamo conosciuto molto bene negli anni della giovinezza è l’apoteosi del vuoto di idee.

Avesse evitato, trincerandosi dietro la non conoscenza dell’uomo e della tragica vicenda avrebbe fatto miglior figura.

Come hai spesso domandato tu, anche io chiedo ai vari Procopio, Casaletto, Maggioni: dove siete, perché non dite la vostra, come mai non prendete in mano la situazione.

Non so cosa intenderà fare l’arcivescovo Mario Delpini, se vorrà portare avanti con risolutezza la causa di beatificazione avviata dal cardinale Angelo Scola nel 2013 con l’autorizzazione all’associazione “Amici di don Isidoro” di raccogliere la documentazione e quanto serve per avviare il processo di beatificazione.

Resta l’uomo, il nostro concittadino, don Lolo, il prete degli ultimi, dei disagiati, cui donava tutto quello che gli veniva regalato. Il “prete felice”,  come aveva scritto nel testamento di pochi mesi prima estremamente grato al Signore di avergli permesso di «raggiungere almeno un traguardo: quello di rimanere nell’insipienza del rancore, proprio verso nessuno».
Matrix
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