Airuno: racconta la sua storia di adozione in un libro, per Aroti un ritorno alle origini

Un viaggio alla riscoperta dei profumi, dei colori, della musica, dei sorrisi e dei sapori dell'India, ma anche una difficile storia di adozione. Sono stati questi elementi il leitmotiv della serata di presentazione presso la biblioteca comunale di Airuno di venerdì 11 maggio, quando la trentatreenne di origine indiana Aroti Bertelli ha presentato il suo libro "Ritorno alle origini, storia di un'adozione".

Aroti Bertelli con il consigliere comunale Luciana Pessia

Attraverso un reportage fotografico accompagnato da alcune parole chiave, la giovane airunese ha permesso ai presenti di ripercorrere con lei la riscoperta delle proprie radici incominciata nel 2016, quando la ragazza partecipò al programma televisivo "Italiani Made in India" trasmesso da RealTime per ritornare nella terra natale dopo 23 anni. "Scrivere un libro è sempre stato un sogno adolescenziale, ma il mio viaggio alle origini in India ha rappresentato lo sblocco per ripercorrere con la carta una parte di me, la mia India. Sono partita da qua con tutta la mia italianità addosso e ho potuto riscoprire il mio essere indiana, ritrovando quello che ho nel mio DNA, come l'essere solare e allegra, nonché il sorriso sempre presente e il saluto"
La difficile storia di adozione di Aroti e di suo fratello Kamal ha avuto inizio nel 1994, quando i due bambini giunsero in Italia dopo aver trascorso parecchio tempo in un orfanotrofio di Calcutta gestito dalle suore di Madre Teresa. Aroti aveva 9 anni e portava appresso "un difficile bagaglio di esperienze", che i suoi genitori adottivi non hanno né saputo amare, né tantomeno aiutare a disfare. Conclusa la maturità, Aroti è stata infatti allontanata da casa e mandata dalle suore a Milano. La ragazza ha deciso di intraprendere un'azione legale nei confronti dei genitori adottivi, lasciando però successivamente perdere per tutelare il fratello minorenne Kamal. "Risponderemo solo alla legge divina" le avevano scritto in risposta ad una lettera del suo legale.

"Nell'adozione ci vuole tenacia, pazienza e convinzione, perché molto spesso noi ragazzi adottati chiediamo molte dimostrazioni d'amore, cercando di mettere alla prova per riconquistare quella fiducia persa". Aroti non si è però arresa e, senza lasciarsi condizionare dal suo passato, ha cercato di vivere appieno il presente alla ricerca di nuove esperienze. E' così che nel 2016 si è messa in viaggio alla volta dell'india insieme ad altri ragazzi, alla ricerca di una somiglianza di tratti somatici, alla riscoperta delle proprie tradizione culinarie e della lingua hindi ormai dimenticata.
"Io sono una cassoeula al curry" ha scherzato Aroti "perché la mia identità è caratterizzata da una dualità, cioè dall'essere italiana e indiana al contempo. Questa è una caratteristica a cui non potrei mai rinunciare e nessuna delle due parti dovrebbe mai prevalere in me. Molto spesso si sente dire "tornate a casa tua", ma dov'è casa? Sono tanti i ragazzi che fuori hanno una vita di integrazione, mentre in casa con i genitori coltivano la cultura d'origine. L'integrazione può esserci solo quando ci si accoglie a vicenda, lasciando che i figli siano occidentali in ogni aspetto e non solo per certi vantaggi come ad esempio veder garantita un'istruzione. Questa necessità dell'accoglienza deve anche essere presente nell'adozione".

La giovane ha ricordato la sua India attraverso i colori, la morte, la religione, la condizione delle donne, nonché commemorando il fratello Kamal, il cui nome in indiano significa "fiore di loto".
"Un aspetto che apprezzo dell'Induismo è il panteismo, cioè la presenza di Dio in tutto ciò che è vita. Ci sono però tante contraddizioni che mi portano a criticare il mio paese, come ad esempio la sacrità e tutela degli animali che invece non si ha per le donne. Nascere bambina in India è un grande responsabilità e non vi è l'emancipazione che si ha in Occidente. Penso che l'India abbia due grandi potenze, che però vengono discriminate: i giovani e le donne. Durante il mio viaggio ho conosciuto tante donne che mi hanno fatta sentire una loro figlia e ho visto bambini sfruttati per chiedere l'elemosina, ma anche tanti che vivevano spensierati la loro infanzia studiando. Io stessa ho avuto la fortuna di avere un padre il quale, nonostante vivessimo in un paesino dell'India, ha puntato tutto sull'istruzione".

"Con questo libro mi rivolgo in particolar modo ai ragazzi adottati, per dare loro grinta e coraggio di vivere questa condizione. Il sistema dà voce solo ai genitori adottivi ma la verità è da entrambe le parti e non possiamo focalizzarci su un solo punto di vista. Ciò che voglio trasmettere è l'importanza di vivere l'adozione come una risorsa: dove la vita si è interrotta per discutibili motivi, è stata fatta ripartire diversamente. Bisogna smettere di pensare alla condizione dell'adottato come di un bambino sfortunato, perché non importa ciò che pensano gli altri, ma importa quello che pensiamo di noi stessi".  
Quando le si chiede di aspettative e desideri per il futuro, Aroti ha un grande desiderio. "Vorrei che la causa della genitorialità attraverso l'adozione venisse portata a livelli istituzionali, perché oggi essere genitori naturali è più facile, mentre con l'adozione non è così, tutte le spese sono sulle spalle della famiglia adottiva. Vorrei inoltre portare avanti il tema dell'identità e dell'integrazione, i quali devono essere promossi a partire dalle scuole" ha concluso.   
G.M.G.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.