La storia a triste fine della Valletta di Novate, raccontata in altra parte del giornale, dimostra come la politica urbanistica di Merate, sotto il profilo della tutela dell'ambiente, sia stata in gran parte fallimentare.
Dagli anni della ricostruzione al primo piano di governo del territorio la direzione di marcia è sempre stata verso la scelta di dove edificare, mai di cosa preservare.
E le due cose non sono corrispondenti. Perché preservare vuol dire anche intervenire direttamente, non soltanto introdurre norme rigide di tutela. Dal vecchio piano di fabbricazione del 1967 al primo piano regolatore generale del 1983 fino alla variante del 1994 firmata Gallina-Castelli il processo di sviluppo è stato inarrestabile e ha investito ogni parte del territorio comunale. Generando quelli che oggi possiamo ben definire clamorosi errori urbanistici.



Si pensi alla cementificazione del Vedù, un angolo splendido di Merate, caratterizzato dall'antica cascina - per fortuna non abbattuta come prevedeva il progetto di costruzione di un albergo e oggi completamente ristrutturata. Un tempo da via Cornaggia si imboccava un bel sentiero che si snodava tra campi coltivati e macchie boscose con pini e abeti, fino a giungere in via San Francesco d'Assisi.

Aldo Castelli e Mario Gallina
La cementificazione, per quanto ridotta rispetto alle previsioni iniziali, ha modificato radicalmente l'immagine del luogo cui si è aggiunto ad aggravare ancor più la situazione il blocco ormai pluriennale del cantiere che di fatto consegna alla vista del cittadino cubi scheletrici di pietra e cemento sui quali svetta una gru ferma da anni e materiale di cantiere ormai arrugginito.
Ma anche interventi più recenti sono segno di una discutibile pianificazione urbanistica, per esempio di fronte all'Osservatorio astronomico, alle porte della riserva naturale lago di Sartirana; o in via Astronauti, dove giace incompiuto un edificio dal bizzarro tetto a zig-zag - progetto firmato dall'architetto Casamonti, lo stesso di via Cazzaniga e di Palazzo Tettamanti. E che dire di Novate Alta? Negli ultimi 20 anni è stato realizzato un intero agglomerato di case di per sé pregevoli, ma molte di quelle proprietà si trovano tutt'ora prive di servizi adeguati (proverbiale il caso di via Forlanini, neppure asfaltata). E si potrebbe continuare.
E' mancata, invece, la tutela attiva del territorio. E qui torniamo alla valletta di Novate. Molti anni fa avevamo proposto all'assessore dell'epoca di passeggiare dal lago di Sartirana fino al Respiro per rendersi conto "sul campo" di come sarebbe stato possibile e auspicabile realizzare un grande polmone verde, attrezzato, per ampliare ancor più i confini della riserva. Si trattava di dare vita a un parco agricolo urbano, ipotesi spuntata di prepotenza durante la stesura del primo PGT firmato Robbiani-Valli che ha davvero mirato alla tutela del territorio anziché all'individuazione delle possibili aree edificabili.

Andrea Robbiani e Andrea Valli
Un parco, quello ipotizzato a Novate, da acquisire al patrimonio pubblico per poi, in una fase successiva, riattivare il reticolo idrico pur senza l'illusione di ridare vita al laghetto. Ci volevano i soldi, certo, ma soprattutto occorreva coraggio, agli inizi di questo secolo, per pensare a parchi urbani, quando la tendenza era ancora verso lo sviluppo, in base alla teoria - che aveva Aldo Castelli come portabandiera - che la crescita dovesse continuare, presumibilmente fino alla saturazione.



E difatti la variante Gallina-Castelli ma anche la successiva adottata da Perego-Demontis e approvata poi da Albani-Passoni ha perseguito la crescita con insediamenti molto discutibili come quelli in via Matteotti, sulle alture del Bagolino, o sulla sommità della collina che fronteggia l'ospedale Mandic, anche lì, a quel che si può vedere, tuttora da ultimare. Quella passeggiata restò tra le buone intenzioni e oggi abbiamo visto che cosa è rimasto della valletta, tanto cara ai meratesi doc.
Col primo Pgt, Robbiani e Valli hanno tentato di inserire un parco agricolo urbano, nell'area tra via De Gasperi e la provinciale. L'obiettivo era di valorizzare quei terreni agricoli dalla sagoma sinuosa, nella loro funzione di cuscinetto tra le residenze di via De Gasperi, il plesso scolastico e le zone commerciali e produttive a sud. Non se n'è poi fatto nulla, al di là dei vincoli urbanistici. Ma ragionare sull'acquisizione al patrimonio pubblico di aree verdi diventa oggi una priorità. In questi mesi il Pgt è in fase di riesame. Ancora gli estensori non hanno incontrato i consiglieri comunali per illustrare loro le linee guida della revisione e la Casa Comunale, anziché di vetro sembra blindata. C'è da augurarsi che non vi siano ulteriori aree cui cambiare la destinazione d'uso - dato ormai che oltre il 50% del territorio comunale è urbanizzato - ma che si trovino strumenti fortemente incentivanti per favorire le ristrutturazioni e che si individuino zone nelle quali la pubblica amministrazione operi direttamente. Perché non basta un vincolo urbanistico per rendere di pubblica fruibilità un'area. Occorre che sia possibile attrezzarla affinché le famiglie, ma anche le scolaresche, possano viverla.
Come la generazione degli ultracinquantenni ha vissuto la valletta di Novate, col suo torrente, le ampie zone boscate, i terreni coltivati, il laghetto a canali costeggiato da pioppi, l'acqua fresca e limpida nella quale immergersi nelle calde giornate estive. Poche cose, semplici, per niente costose. Capaci però di infondere tanta gioia pura.
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