Scritto Lunedì 29 dicembre 2014 alle 09:00
L’ultima illusione del grande centralizzatore: fondere i comuni per avere più soldi e loro, i nostri sindaci ci credono per amore di partito
E' di questi giorni la pubblicazione di uno studio elaborato dalla Adn kronos su dati governativi inerenti il costo del personale delle regioni italiane. Ebbene, fatto 100 questo costo pare che la metà sia imputabile a tre regioni, Sicilia, Sardegna e Campania e l'altra metà alle restanti 17 regioni tra le quali la Lombardia, la più popolosa e produttiva. Ogni 100 euro che i lombardi pagano di imposte al governo centrale ne ritornano in termini di trasferimenti e servizi 25. Da tempo la gran parte dei 1531 comuni lombardi anziché ottenere risorse da Roma ne deve devolvere attraverso il fondo di solidarietà mentre nelle casse della tesoreria di Bankitalia giacciono centinaia di milioni di euro che i sindaci non possono spendere per via del Patto di stabilità. Negli anni l'autonomia dei comuni è andata via via restringendosi e oggi è ridotta alla pura gestione dell'esistente con la sola facoltà di azionare la fiscalità locale per mantenere uno standard dignitoso di servizi al cittadino. Nel frattempo anche la rappresentanza politica si è ristretta: Calderoli prima e Delrio dopo hanno ridotto il numero dei consiglieri comunali nonostante il loro costo fosse irrisorio, hanno trasformato le province in enti di secondo livello con pochi rappresentanti eletti dagli amministratori locali e, quindi, non più dai cittadini. Le province sono rimaste, intendiamoci. E' tutto un gioco di specchi, illusioni del più grande incantatore della storia italiana; solo che il personale passerà alle regioni e le competenze ai comuni, beninteso senza risorse aggiuntive cosicchè sarà di nuovo la popolazione locale a pagare il conto. Intanto l'azione di centralizzazione assoluta dei poteri va avanti con la prevista nomina dei senatori da parte dei consigli regionali e non più dei cittadini ai quali resterà soltanto l'elezione dei deputati, ma per dire, in quanto le liste continueranno ad essere compilate dalle segreterie dei partiti i cui leader decideranno di fatto chi entrerà a Montecitorio e chi resterà fuori. Una manovra di centralizzazione dei poteri senza precedenti avallata da un branco di pecore che stazionano nei ricchissimi pascoli romani, attaccati alle sedie come cozze allo scoglio. Nulla della modernizzazione del Paese si è vista: le strutture statali controllano l'impresa privata con potere assoluto in forza di una miriade di norme spesso inattuabili che nessuno professionista della sicurezza, dell'igiene, del fisco, della gestione delle risorse umane potrebbe mai conoscere fino in fondo. E nell'incertezza della norma si annida il potere di controllo dello Stato. Ebbene in questo quadro devastante e sconfortante che cosa fanno i nostri amministratori anziché trasmettere per corriere le fasce tricolore all'imbonitore fiorentino? Parlano di fondere i comuni. Perché? Per risparmiare qualche decina di migliaia di euro l'anno. Pare incredibile che di fronte a uno scenario del genere, evidente a chiunque, ci sia chi anziché ribellarsi si piega ancor di più per favorire l'azione che potete immaginare da parte dello Stato centrale. Ecco dunque Ugo Panzeri di Brivio impegnato a studiare con Adele Gatti di Airuno come mettere assieme i due comuni per dare vita, chessò, a un "bruno". Ecco Giovanna De Capitani di Cernusco tutta presa dalla fregola messa in piedi da Paolo Brivio di Osnago con l'appoggio di Stefano Fumagalli di Lomagna studiare come fondere i tre municipi bacchettando nel contempo Sandro Capra di Montevecchia che abilmente si è sfilato. Come si chiamerà, semmai la follia andasse in porto, questo mostro a tre teste non lo sappiamo. Sappiamo però che sarà una seconda Merate, oscurandone il ruolo senza prenderne il posto ma facendosi carico, giusto per aggiungere qualcosa, della manutenzione dell'ex statale 36, rotonde comprese che Cernusco non ha saputo realizzare in dieci anni mentre l'Auchan ne ha costruita una in 10 giorni. Ma cosa diavolo ha in testa questa gente? Non si rende conto che sono proprio le piccole realtà che ancora tengono in vita il sistema Italia, siano esse municipi o aziende? Pensano che cancellare i nomi dalle carte geografiche possa davvero far recuperare risorse per aumentare i servizi o ridurre le tasse ai cittadini come se la storia recente non avesse ampiamente dimostrato quanto sia rapace lo Stato centrale che deve coprire deficit spaventosi, per lo più nascosti tra i residui attivi dei bilanci di Roma, Napoli, Palermo? Passino le fusioni tra Rovagnate e Perego, una l'enclave dell'altra e tra i due Verderio anche se ancora non abbiamo capito che cosa davvero sia cambiato e che cosa abbiano guadagnato i cittadini. Ma che si finisca lì, però, e semmai si studino forme associate di gestione come è avvenuto per i servizi alla persona tramite l'Asp Retesalute. Invece, siamo pronti a scommettere, il grande dibattito di primavera sarà proprio sulle ipotesi di fusione, supportate neanche a dirlo, da costosi studi e ricerche. Così ha ordinato il partito unico PD-FI. E così sarà. La prova? E' proprio nella nomina del presidente di Retesalute. Abbiamo appreso - non che non lo sapessimo ovviamente - dai bravi colleghi del settimanale cittadino che Andrea Massironi un candidato l'aveva: Giacomo Molteni, pensionato anzitempo dell'incantatore toscano, 42 anni di esperienza nella sanità, capodipartimento amministrativo dell'azienda ospedaliera lecchese. L'uomo giusto per guidare l'Asp a tempo pieno e a costo ridottissimo. Ma la domanda che è rimasta nella penna è: scusi Sindaco perché allora non l'ha candidato? Non c'era forse l'accordo anche di Filippo Galbiati di Casatenovo, almeno a giudicare dalla lunga lettera che aveva inviato al nostro giornale sulla quale tratteggiava un identikit cui mancava solo nome e cognome? Se due sindaci di comuni capofila di circondari non sono in grado di orientare la nomina di un presidente di un'azienda tanto importante significa che altre forze sono in campo a indicare la rotta ai rappresentanti eletti dai cittadini. Non ne siamo certi per quanto riguarda Massironi ma su Galbiati non ci sono dubbi: l'indicazione del PD era per Salvioni e il sindaco di Casatenovo ha risposto obbedisco. Se questa, dunque, è l'aria che tira chi fermerà la follia delle fusioni tra comuni o avrà la forza di opporsi se queste fusioni saranno contenute in un decreto ministeriale del governo più centralista della storia d'Italia?
Claudio Brambilla
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